Perché mangiare a km zero

 

Dietro al termine km zero – mutuato dal protocollo di Kyoto – c’è il tentativo di cambiare stile di vita ricordando che se pranziamo con il vino australiano, prugne cilene e carne argentina spendiamo in termini energetici più di quel che ingurgitiamo.
Far volare il vino e far navigare la carne contribuisce in modo significativo all’emissione di anidride carbonica, mentre cibarsi in modo energicamente corretto (con prodotti locali) permette di risparmiare decine di chili di petrolio. Infatti secondo la Coldiretti consumando prodotti locali e di stagione e facendo attenzione agli imballaggi, una famiglia può arrivare ad abbattere solo a tavola fino a 1000 chili di anidride carbonica (CO2) l’anno. E’ stato infatti calcolato ad esempio che il vino dall’Australia per giungere sulle tavole italiane deve percorre oltre 16mila chilometri con un consumo di 9,4 chili di petrolio e l’emissione di 29,3 chili di anidride carbonica mentre le prugne dal Cile che devono volare 12mila chilometri con un consumo di 7,1 kg di petrolio che liberano 22 chili di anidride carbonica e la carne argentina viaggia per 11mila bruciando 6,7 chili di petrolio e liberando 20,8 chili di anidride carbonica attraverso il trasporto con mezzi aerei. Accorciare le distanze significa dunque aiutare l’ambiente,  promuovere il patrimonio agroalimentare regionale , abbattere i prezzi al consumo,  ma anche  salvaguardare il territorio dando valore  al lavoro degli imprenditori agricoli.
Accade già nei mercatini agricoli distribuiti su quasi tutto il territorio nazionale dove le tipicità vengono vendute senza intermediazioni, niente imballaggio e nessun costo di conservazione.
E’ anche questo il motivo del successo dei distributori automatici di latte, sempre più diffusi perchè favoriscono l’acquisto consapevole e la sicurezza del prodotto rintracciabile.

Quindi attenzione alle etichette quando facciamo la spesa, privilegiamo sempre i prodotti del territorio.